Pubblicato in " Appunti " dicembre    2014 n 12 ,anno XI       HOME

 

IL RUOLO DEGLI ECONOMISTI

 

Giovanni De Sio  Cesari

 

 

Economisti e politici

 

Il nostro orizzonte politico e direi anche propriamente  esistenziale è dominato  dalla crisi economica reale o annunciata o paventata: gli altri aspetti sociali, per forza di cose paiono essere passati in seconda linea. Niente da recriminare, mi pare cosa  comprensibile e ragionevole

 In questo quadro è del tutto conseguenziale che gli economisti ( veri e presunti) assumano un ruolo fondamentale, un prestigio che ecclissa quello dei politici, tutti più o meno indicati come i responsabili della crisi stessa. Nell’immaginario  collettivo gli economisti sono quelli che  sanno come stanno le cose e come fare per cambiarle, i politici semplicemente dei chiacchieroni, imbonitori, degli incompetenti  che tuttavia  riescono a raccogliere il consenso di  elettori poco informati ed emotivi: in sostanza  degli  incapaci di capire il loro stesso interesse.

A questo punto sarebbe allora opportuno  cacciare i politici, abolire le inutili e dannose elezioni, scegliere per il governo  gli economisti più esperti che abbiamo e lasciare a loro guidare lo stato: la preparazione e la competenza contro il dilettantismo e  il populismo, potremmo dire in sintesi.

 In realtà  per un anno effettivamente abbiamo avuto la guida dei professori, degli esperti economisti. Non è che poi i risultati siano sembrati eccellenti anzi decisamente no. Dopo un po di tempo  si è riscoperto il primato della politica:  nessuno piu pare ricordarsi del maggior economista, di quel Monti, che per qualche anno,  incarnò le maggiori speranze della  nazione e che ebbe il maggior gradimento  mai raggiunto da nessun altro presidente dei ministri

Bisogna allora chiedersi quale debba essere il ruolo proprio degli economisti senza sminuirlo certamente no, ma anche senza  dare ad essi un funzione salvifica , assolutizzante che essi non possono avere. anzi diciamo che nessuno puo avere  Non credo che sia molto produttivo il discorso sulla scientificità dell’economia: si tratta di una tautologia, dipende da cosa vogliamo intendere  per scienza

 

La previsioni economiche sono sempre problematiche e incerte  perche non si puo prevedere il comportamento di milioni o miliardi di individui  di  fronte ad avvenimenti che non sappiamo con precisione quali siano (  lo stesso che avviene in politica). Sono difficolta inerenti alla disciplina a prescindere da errori sempre possibili

L’economia non è infatti  una scienza naturale ma quello che si dice una scienza umana e ha quindi tutte le caratteristiche comuni a queste discipline Nelle scienze naturali  l’effetto falsifica  o conferma la teoria ( in teoria basta anche un solo risultato)  Ma nelle scienze umane  l’effetto dipende da tante variabili   e le combinazioni di esse sono praticamente infinite  Non si giudica quindi  dall’aver “indovinato”   il risultato ma di aver agito  con ragionevolezza  e competenza 

 

 

Non possiamo  pretendere dagli economisti delle previsioni certe che potrebbero dare solo gli indovini La funzione dell’economista è quello di dire innanzi tutto cosa è successo e perchè e quindi indicare  i possibili  rimedi ma non di prevedere  cosa avverrà veramente . E come in politica: chi ha qualche esperienza dell’islam comprende quello che è lil jihadismo  e che è meglio  fare questo si e quell’altro no. Ma nessuno ha delle certezze.

Mi chiederei allora cosa la comunità richiede agli economisti, Non credo che siamo molto interessati al fatto se l’incremento dei prossimi sei mesi sarà del 0, 5 o dello 0,9 ( a prescindere che ci azzeccano difficilmente) e nemmeno che alla luce delle statistiche degli ultimi due anni se varia il  fattore  X allora avremo un variazione di Y  dello zero virgola  qualcosa nei prossimi tre mesi. Sarebbe come per  un insegnante  osservare solo se i bambini hanno  appreso le tabelline senza curarsi se le ha capite  e per un generale tenere una posizione senza chiedersi quale vantaggio /svantaggio avrebbe nell’insieme della guerra, 

 Quello che noi come società chiediamo all’economista e di darci un parere ( non una certezza scientifica )  alla luce  della sua esperienza e studi  se una certa politica economica  darebbe o meno i frutti sperati  Per esempio la politica  dl pareggio di bilancio  che abbiamo adottato ci porterà furi dalla crisi  e ci fara ancora più sprofondare a prescindere a quello che avverrà nei prossimi sei mesi. ?

 In questa prospettiva  chiediamo  all’economista di avere una prospettive generale, un quadro di riferimento complessivo che prescinda dagli zero  virgola qualcosa e dall’immediato.  Gli  studi economici che si basano semplicemente sulle previsioni  a pochi mesi interesserà solo una  piccola comunità scientifica: per noi è importantissimo sapere se  superando i limiti di  bilancio del 3% finiamo nella situazione dello Zimbabwe  e meno

 

Attedibilità dell previsioni

 

Ancora piu importante è da notare che quella parte  degli studi degli economisti  che realmente arriva al grosso pubblico e che influenza poi la politica e l’elettorato è poco attendibile:  sono dati grezzi che andrebbero approfonditi analizzati, scorporati.  vagliati criticamente

 Ad esempio prendiamo il riferimento  principale di qualunque discorso  economico: il PIL

Esso  ci da una immagine della  realtà, una delle tante possibili: ma molte cose essenziali pare che  non vengano colte. Non mi riferisco a fatti come  felicità, benessere, valori e cose del genere che programmaticamente  non sono valutate  ma proprio gli aspetti economici  Faccio qualche esempio

 Il fatto che il PIL si riduca del 10% può  indicare due cose diverse: che in media i lavoratori hanno perso il 10% delle entrate, cosa spiacevole ma nulla di drammatico, si può vivere benissimo lo stesso, anzi molti non se ne accorgerebbero  nemmeno. Ma può significare che un 10% dei cittadini  ha perso il lavoro: nel nostro paese un dramma per  6 milioni di persone ( comprendendo i familiari)  e 6 milioni di cittadini spinti alla disperazione prima o dopo buttano tutto all’aria e fanno la rivoluzione  trascinando alla rovina pure quelli che non avevano perso nulla Ad esempio il profondo disagio socio economico  che ha colto i paesi arabi dando origine alle cosi detta Primavera araba, purtroppo poi fallita,  si è acuito e drammatizzato proprio in un momento il cui i il PIL cresceva e l’economia nel complesso si evolveva. Il fatto era però che i benefici di tale incremento ricadevano su una minoranza mentre la grande maggioranza vedeva ben pochi progressi  e perdeva invece la poche,  pochissime provvidenze sociali  che pur erano qualcosa per  chi non ha niente. Anche il cosi detto brigantaggio meridionale nasce in un contesto che se fosse stato misurato dal PIL sarebbe apparso probabilmente  di progresso. Ma il contadino perdeva le poche certezze, che aveva, vedeva minacciata  l’assistenza tradizionale della Chiesa, vedeva nuovi obblighi (tasse e servizio militare) e  furono  tutti contrari al nuovo ordine sociale : il brigantaggio ne è punta evidente .

 

Eppure accade che  la sorte di governi  vengono decise dallo zero virgola qualcosa degli indici del PIL a altri simili.

 

Gli economisti lavorano essenzialmente sui dati statistici che sono reali ( almeno in generale), ma cosa misurano realmente non sempre è chiaro

Ad esempio chi sono gli occupati? Quelli che nelle statistiche  risultano tali  secondo un criterio che è variabile Cosi si dice che in Spagna sono il doppio dell’Italia  ma poi con altro criterio ( rispetto alla popolazione) sono in realtà meno che in Italia. Ma quelli che risultano  disoccupati realmente stanno senza fare niente? No, la grande maggioranza ha un lavoro in nero in genere povero e poverissimo   ma  qualche volta anche ricco e molto ricco. Poi si consideri il mondo  della illegalità:  prostitute, lenoni e spacciatori lavorano a pieno ritmo ma risultano disoccupati.  Per quanto riguarda la disoccupazione  giovanile : la categoria dai 16 ai 24 è troppo variegata ( 16 anni sono cosa diversa dai 24)  ed è  praticamente  impossibile sapere quanti vorrebbero realmente lavorare: gli studenti universitari si iscrivono alle agenzie del lavoro per eventuali benefici  ma non possono considerarsi veramente dei disoccupati. A me sembrerebbe che l’indice di disoccupazione giovanile sia troppo basso, non troppo alto

Se guardiamo al numero dei disoccupati in Europa  non sappiamo quanti italiani  lavorano in nero, quanti spagnoli si dichiarano  tali ( magari sono casalinghe che vogliono il sussidio). Nemmeno sappiamo di otto milioni di tedeschi che guadagnano pochissimo ( sui 600 euro)  quanti in realtà vorrebbero un full time e quindi sono da considerarsi fra i disoccupati e   quanti invece arrotondano in questo modo altre entrate, o sono studenti  e casalinghe e che quindi non potrebbero lavorare full time: In questo caso il part time sarebbe anche molto positivo perche assicurerebbe un lavoro a anche chi non è in grado di svolgere un full time

Le medie dei salari paiono dei numeri al lotto  Si possono calcolare in mille modi diversi. Sopratutto non si tiene conto del  contesto: lo stesso salario ha un valore diverso in una citta e al paesino montano a pochi chilometri. Andrebbero poi  considerare il costo dei sevizi obbligatori, acqua, gas, luce trasporti sanita ecc. ma soprattutto  se esso deve bastare a tutta la famiglia o se in essa entrano due o piu salari .

Per  avere una qualche idea  delle differenze salariali in paesi e tempi diversi non basta paragonare le somme percepite tenendo conto del  costi della vita Bisogna considerare lo stile di vita Nei secoli passati era soprattutto una questione alimentare: era povero chi non riusciva a procurarsi cibo sufficiente ( il pane quotidiano della preghiera cristiana) e  chi voleva mangiare qualcosa in piu  veniva accusato del vizio capitale della gola. Attualmente  bisogna pagare le bollette, l’affitto  ( se non si ha la casa) la rata dell’auto dell’assicurazione il cellulare ecc ecc. Non si tratta di una opzione ma di una  necessita: anche se teoricamente posso fare a meno dell’auto in realtà lo stile di vita mi  costringe ad averla. Quindi sono povero se non ho l’auto, il cellulare  e tanti servizi che teoricamente sarebbero opzionali.

Se un uomo di 30 -35 anni ( che NON è  un giovane) ha un lavoro in nero precario con 800 euro viene considerato occupato: in realtà  non può aprirsi una famiglia, non può essere nemmeno indipendente dalla famiglia di origine:  ancora più grave per una donna ( non una giovane) che per essa il tempo passa piu rapidamente e inesorabilmente. A questi non piu giovani, e  sono in tanti, la crisi ha tolto non solo il lavoro ma la vita stessa: è una tragedia immane che gli indici non colgono  appieno .

Un tempo ai giovani  che si preoccupavano per il futuro si poteva dire: : va bene, avete mai visto una uomo che a 35 anni non lavora ? Allora non c’erano ma ora ce ne sono  e tanti

Le  tabelle dei salari  sono importanti ma non sempre esse riflettono effettivamente la realtà. Si riferiscono  alle retribuzioni  legali ufficiali, . diciamo a quella dei garantiti  . Ma in questi anni è successo  di tutto:  il nero nero, il nero legalizzato, il precariato, dipendenti  che restituiscono sotto mano una parte dello stipendio legale, call center  che lavorano in Italia   ma hanno sede legale  in Albania .

Tutte cose  che difficilmente possono entrare in una statistica obbiettiva e generalizzata

 

   Un altro elemento essenziale sono i rapporti dei centri di ricerca con i potentati economici che li sovvenzionano I ricercatori sono piu portati a sostenere le tesi dei loro committenti che a ricercare la verità oggettiva ( ammessa che esista) Altro infatti  è dire che gli economisti  invece di fare il loro  mestieri in base ai dati e quadri interpretativi (magari sbagliando) dicono quelli che vogliono i loro committenti: non è un problema della  disciplina ma  dei centri di studio:

E’ tutta altra cosa : è la differenza che passa fra l’analista politico ( o lo storico) e la propaganda  politica 

 

Si tenga poi  in considerazione l effetto pigmalione, la profezia auto avverante  

 Le fonti istituzionali e quelle più autorevoli sono molto caute   perche temono che le previsioni  negative abbiano effetti reali negativi.  Come  è noto una banca o anche un stato possono fallire  semplicemente perchè il pubblico si convince che essi non siano piu in grado di far fronte ai loro crediti, anche se la notizia è falsa e  destituita di ogni fondamento: basta il dubbio Quindi ogni sito istituzionale o di gran prestigio  è portato ad essere molto cauto , evitare allarmismi  e previsioni negative  

 

 E’ comune esperienza che il mondo che noi vediamo direttamente  quotidianamente  non sembra sempre  corrispondere a quello che descrivono gli economisti: il mondo di carta ( ora diventato  digitale)  pare non rappresentare quello reale.