Pubblicato da CRONOLOGIA  maggio, 2008                        ( HOME )

 

L'ASSEDIO DI MASADA

 

 Giovanni De Sio Cesari
http://www.giovannidesio.it

 

Anno 74 d.C.
 Contesto: guerra Giudaica -Romana
 Forze contrapposte :

Giudei: circa 1000 persone fra civili e combattenti

           comandante :Eleazar Ben Yair

Romani; 7.000 legionari

            comandante : Flavio Selva 
 

I FATTI 

 

 Nel 76  d.C  era scoppiata la rivolta generale in Palestina contro il dominio Romano. Nel 70 Gerusalemme fu presa e completamente distrutta, fin dalle fondamenta,  dall’esercito romano guidato da Tito

Solo una fortezza,  Masada, resistette ancora a lungo e fu espugnata solamente nel 74  dopo 4 anni dalla presa di Gerusalemme

 

Masada  era situata in una posizione inespugnabile: in mezzo a luoghi inospitali e desertici sorgeva un colle  sulla cima del quale già Erode il Grande aveva iniziato a costruire una propria residenza

 In seguito era stata adattata a fortezza. Vi erano due vie di accesso : una detta “il serpente”, era stretta e strapiombo sul vuoto difficilmente praticabile anche senza nessuna resistenza, la seconda più agevole  era sbarrata   da una grande torre: tutta la fortezza era poi circondata da mura alte e spesse.  Nella fortezza vi erano poi delle cisterne che raccoglievano l’acqua piovana  e vi era accumulate grandissime quantità di derrate alimentari e di armi. Inoltre tutta la spianata poteva essere, all’occorrenza, anche coltivata per procurare prodotti freschi .

 In questa fortezza, in un momento imprecisato, si rifugiarono  un gruppo di Giudei  irriducibili, definiti genericamente Zeloti (cioe  "pieni di zelo religioso" , noi diremmo: fondamentalisti )  con le rispettive famiglie, in tutto  poco piu di un  migliaio di persone  guidati  da un capo deciso e intrepido di nome Eleazar Ben Yair. Contro questa fortezza mosse un esercito romano di circa 7.000 uomini  guidato da Flavio Silva

I Romani erano maestri dell’arte dell’assedio: posero il campo ai piedi del colle,  provvidero  innanzi tutto alle linee di rifornimento  soprattutto di acqua che doveva essere trasportata da sorgenti lontane una quindicina di chilometri.  Circondarono quindi con un alto  muro tutta il colle della fortezza in modo da sventare ogni eventuale sortita.

 Dal punto più alto sul quale poterono arrivare sul colle iniziarono a costruire un  grosso terrapieno. Poichè questo non era abbastanza solido, su di esso venne poi costruita una piattaforma di grossi blocchi di pietra sulla quale fu ancora costruita una torre con rivestimenti di ferro  in modo da pareggiare e superare l’altezza delle mura della fortezza. Su  di essa furono piazzate le baliste che lanciarono ogni sorte di proiettili sui difensori in modo da impedire ad essi di stare sulle mura a difesa. Quindi un grosso ariete cominciò  a battere le mura  che cominciarono a sgretolarsi. Al di dietro di esse pero i difensori avevano costruito  un altro muro formato, pero, da un terrapieno tenuto insieme da un sistema di grossi pali. Esso riusciva ad assorbire i colpi dell’ariete  senza grossi danni.  I Romani. esperti di ogni astuzia nell’arte degli assedi , allora gettarono spezzoni incendiari contro le impalcature di legno che tenevano insieme il terrapieno. Le fiamme presero a divampare alte e  vigorose. In quel momento, però, dal deserto si alzò un vento che diresse le fiamme verso il fronte romano con il pericolo che venissero incendiate  le macchine da guerra dei romani.

 Grande fu l’entusiasmo  e le speranze allora dei difensori perche questo fatto era interpretato come un evidente   intervento divino diretto. Ma, all’improvviso, il vento cambiò direzione e si rivolse verso il muro disgregandolo definitivamente: allora ogni speranza si dileguò di fronte all’evidenza che nulla poteva ormai salvare i difensori e che Dio non era affatto intervenuto in loro aiuto.

Si era intanto fatto notte: i romani decisero di aspettare l’alba per evitare una lotta al buio in luoghi sconosciuti, limitandosi intanto a impedire ogni eventuale fuga di difensori.

  Nella notte i difensori presero una  tragica  decisione alla quale  si erano già preparati da tempo.

Per evitare di cadere vivi nelle mani dei propri nemici ed essere uccisi fra tormenti e  le umiliazioni e che i proprie  familiari subissero l’onta  della schiavitù decisero, come  atto estremo, il suicidio collettivo. Ciascun uomo doveva uccidere  la propria mano la propria famiglia, ritenendo la morte mille volte preferibile alla schiavitù

 Ciascuno allora  strinse la propria sposa fra le braccia e la trafisse con la propria speda ,ciascuno alzò i propri figli in alto fra le braccia  e li trafisse  con la propria spada. Quindi  ciascuno si distese al fianco dei propri cari: dieci  uomini, estratti a sorte, passavano e tagliavano loro le gole:  quindi  i dieci  ultimi superstiti  tirarono a sorte uno di essi: nove si distesero a loro volta a terra mentre il decimo sorteggiato tagliava  le loro gole: alla fine l’ultimo superstite incendiò tutte le loro  cose  e si getto sulla propria spada. Solo due donne anziane e  cinque bambini che si erano nascosti  nei cunicoli scamparono alla morte.

 All’alba i Romani  andarono all’assalto aspettandosi una ultima, disperata resistenza. Trovarono solo morte e silenzio e fiamme dovunque. Appresero dalle donne superstiti quello che era avvenuto: la loro esultanza per la vittoria lasciò il posto alla commiserazione e alla ammirazione per un tale disperato proposito

 Lasciarono un piccolo presidio nella fortezza e si ritirarono

 

Fonti storiche e valutazioni critiche

 

L’unica fonte storica contemporanea  è quella  di Giuseppe Flavio. Questi era un giudeo  che all’inizio prese parte alla rivolta contro i Romani e in seguito si sottrasse al suicidio che gli era richiesto dai suo compagni con modalità analoghe a quelle  descritte per Masada e si lasciò catturare  dai Romani

In seguito  si mise al servizio dei romani facendo da interprete ed emissario.  Ottenne il favore dell’imperatore Tito e compensi di buona consistenza. Scrisse quindi la storia della “guerra giudaica”  nella quale nei libri VIII e IX descrisse la storia di Masada alla quale ci siamo  siamo sostanzialmente attenuti

Per alcuni Giuseppe fu semplicemente un traditore del proprio  popolo per interesse personale, per altri invece fu anche una persona  che si rese conto della assurdità  della rivolta e che realisticamente valutò la ineluttabilità dell’Impero che  comunque avrebbe consentito agli ebrei di continuare a prosperare mantenendo le proprie  tradizioni religiose  che infatti Giuseppe ma rinnegò

Nella sua opera  quindi  egli descrive i rivoltosi sempre come  dei malfattori  che non rappresentano il popolo ma che lo costringono a ribellarsi contro i Romani. Ciò pero non gli impedisce nelle sue  descrizioni dei  fatti di fare emergere il coraggio e l’eroismo dei ribelli. Il gruppo che occupa Masada e resiste ai Romani viene definito dei “ sicari (dal latino” sica”pugnale,  cioe assassini) ) che, secondo la sua versione, terrorizzavano con i loro assassini non solo e tanto i romani quanto i propri connazionali  non disposti a ribellarsi. In realtà noi potremmo definirli, con un termine di attualità,  “ terroristi”

Molta parte del racconto è occupato da un lungo discorso che il capo Eleazar ben Year  avrebbe  tenuto ai suoi compagni per convincerli al suicido collettivo: si tratta pero di una finzione letteraria, come era costume presso gli storici antichi che componevano, secondo ia loro immaginazione,  i  discorsi dei condottieri

 Nella sua lunga esortazione.  Eleazar ben Year  avrebbe insistito. da una parte  sulla sorte terribile che sarebbe toccata ai prigionieri divenuti schiavi dei Romani, uccisi nei circhi per il diletto dei nemici e dall’altro un ampio discorso sulla immortalità dell’anima : da una parte quindi tormenti e umiliazioni  e  dall’altra  la pace di una vita eterna

Dopo quasi duemila anni l’episodio di Masada  e tornato di attualità quando, dopo la fondazione dello Stato di Israele, negli anni ’50 gli archeologi ritrovarono le rovine di  Masada 

Le ricerche non possono confermare propriamente il racconto come alcuni sostengono: fra l’altro la fortezza fu ancora usata per secoli e quindi ogni traccia sarebbe stata cancellata. Tuttavia lo scenario è compatibile con quello descritto da Giuseppe Flavio: si è notato, in particolare, che le opere di assedio posto in essere dai Romani erano alquanto più modeste di quanto faccia supporre il racconto di Giuseppe e quindi pienamente attendibili  

L’episodio di Masada  ha assunto poi un particolare significato per  gli Israeliani, un valore patriottico,è divenuti un mito nazionale:  le giovani reclute  giurano infatti  “ mai piu Masada cadra ” come il proponimento  di non lasciarsi più massacrare dai nemici e  Eleazar   ben Year è divenuto una eroe nazionale.