Pubblicato in " Appunti " settembre  2010 n 9,anno VII                                            HOME

 

 Le attese dell’ 8 settembre 1943

 

Giovanni De Sio Cesari

 

Sugli avvenimenti dell’8 settembre 1943 abbiamo avuto un diluvio di studi, inchieste, interviste, libri di memoria: in pratica ogni risvolto, ogni momento è stato analizzato  fin nei dettagli. Qualcuno ne immagina di altri come un segreto accordo fra il re e i tedeschi per cui si abbandonava la difesa della capitale in cambio del permesso di fuga al re: ma sono solo supposizioni, nessun conferma mai è venuta e a questo punto possiamo essere ragionevolmente sicuri che non ce ne saranno.

Tutti sono d’accodo sul fatto che fu una debacle  nazionale : ciascuno pensò ai suoi interessi personali, ciascuno ha poi presentato  un sua propria giustificazione personale più o meno accettabile  ma nel complesso nessuno volle prendersi nessuna responsabilità. L’esito inevitabile fu che l’esercito e anche la nazione  si sfasciarono, ognuno fece come potè e come credette. Qualcuno combattè  come i  reparti a difesa della capitale, qualcuno resistette, sia pure confusamente come  a Cefalonia  ma nel complesso  il motto generale fu: tutti a casa  e ciascuno pensi per se.

 Non intendiamo qui mettere  in discussione questa incontestata acquisizione e nemmeno rivedere o approfondire qualche punto specifico : è stato detto tutto su tutto da tanti.  

 Però vorremmo mettere a fuoco un aspetto  che generalmente viene  trascurato: l’orizzonte  psicologico dei giorni in cui si svolsero gli avvenimenti: le attese  comuni dei governanti come dei governati, delle alte sfere come dei  semplici uomini della strada erano del  tutto opposte ai fatti che effettivamente si svolsero dopo solo pochi giorni .
L’idea comune dominante in quei giorni era una sola: la guerra è ormai alla fine, anche se non si sa come essa finirà. Le testimonianze sono concordi: italiani e  tedeschi pensavano  al momento in cui  sarebbero tornate alle loro case e alle proprie  famiglie portando in salvo la propria a vita.

 Ed era poi una aspettativa assolutamente realistica e ragionevole: guardiamo gli avvenimenti militari.

 L’armata italo tedesca  in Africa era stata schiacciata da schiaccianti forze inglesi: non una battaglia sfortunata ma una battaglia assolutamente impossibile da vincere. I prodigi di valore e di abnegazione della  Folgore e dell’Ariete  niente avevano potuto contro le forze inglesi  superiori di 5 o 6 volte numericamente e soprattutto per armamenti.  

 In Russia la battaglia di Stalingrado era finita quando la armata tedesca  era  stata  investita da una nuova gigantesca armata  russa formata da milioni di uomini e potentemente armata:  le forze tedesche  inferiori diciamo per 1 a 10 avevano resistito coraggiosamente quanto inutilmente: anche qui  non una battaglia sfortunata ma una sproporzione di forze incolmabile.

In conseguenza nei deserti africani  gli inglesi erano dilagati senza trovare resistenza  mentre nelle  gelide steppe l’avanzata russa era lenta ma comunque inarrestabile.

 A questo punto  contro le forze  forse dell’Asse, già virtualmente sconfitte, entra in azione la potenza  americana : eserciti  sterminati sostenuti soprattutto da una industria sterminata

 Le forze anglo americane avevano  occupato la Sicilia  senza troppe  difficoltà: risalivano la  penisola senza incontrare praticamente resistenza 

Non si vedeva  a questo punto quale dubbio potesse ancora sussistere sull’esito della guerra: in una situazione incomparabilmente meno drammatica, nella Prima Guerra Mondiali gli eserciti degli Imperi Centrali avevano  ceduto senza essere  sconfitti sul campo.

L’unica cosa che si potesse fare  era quello di cercare di contenere il più possibile i danni della inevitabile sconfitta.

 In questo orizzonte psicologico di attese  da mesi gli italiani avevano cercato di contattare  gli anglo americani: alcune di queste iniziative furono autorizzate  proprio dal  duce in persona, altre  invece prese dalla Corona,  altre ancora da ambienti militari,  

Nella seduta del Gran Consiglio del  Fascismo del 25 luglio si fece un tentativo per uscire dalla guerra che il re prese a volo come pretesto per destituire Mussolini. Non si trattava di antifascismo che certo non lo erano Grandi o Ciano e nemmeno il re  ma semplicemente un tentativo per uscire da una  guerra irrimediabilmente e definitivamente persa. Il fatto che comunque veniva annunciato che “ la guerra continua” fu interpretato,  ed era effettivamente, una mossa tattica  per ottenere qualche condizione più favorevole, salvare il salvabile insomma. Gli alleati avevano già, in verità, annunciato che avrebbero accettato solo la resa incondizionata ma si sa, fra il dire e il fare ne passa e forse gli alleati avrebbero potuto  preoccuparsi anche dell’alleato  russo, prossimo inevitabile nemico. In realtà gli americani erano  molto meno flessibili degli inglesi  ed erano ben decisi ad andare fino in fondo ma questo si sa con il senno di poi.

 Lo stesso duce, in realtà, non fece nulla per contrastare l’ordine Grandi. Avrebbe potuto immediatamente fare arrestare  i congiurati e il re non aveva nessun potere effettivo  che non  gli venisse attraverso il fascismo stesso. Non reagì invece: ci sono varie interpretazioni di questa singolare inerzia di Mussolini ma la più verosimile era che egli stesso  non sapeva come uscirne e quindi vide  la sua destituzione quasi come una soluzione.

I rappresentati italiani  non ottennero nulla dagli alleati se non una resa  incondizionata che fu pero mascherata con il nome di armistizio. In realtà l’accordo non prevedeva assolutamente  un armistizio che consiste in una momentanea interruzione delle operazioni militari con il mantenimento dello status quo

 D’altra parte  un armistizio, una pace separata  dell’Italia era un fatto militarmente impossibile. Se l’Italia fosse effettivamente uscita dalla guerra questo avrebbe significato che il suo territorio non sarebbe stato utilizzato dagli alleati e che quindi non avrebbero potuto continuare la avanzata vittoriosa contro la Germania. Si dice comunemente che i tedeschi fossero degli invasori rispetto all’Italia: ma in  realtà niente sarebbe stato  più gradito ai tedeschi una Italia fuori dalla guerra che con il suo territorio neutrale  avrebbe fermato la  avanzata alleata.

L’uscita dalla guerra dell’ Italia non era quindi militarmente ipotizzabile,  era cosa ben chiara a tutti.

Cosa allora si spettavano i dirigenti italiani e  un po tutti: che anche in Germania la ragionevolezza  prendesse il sopravvento, che Hitler fosse messo da parte in qualche modo o magari si convincesse egli stesso  della assurdità di continuare una guerra chiaramente persa. In questa prospettiva un conflitto italo tedesco era impensabile: l’ Italia non cambiava campo ma prendeva  atto della sconfitta e metteva  l’alleato germanico nella condizione di dover fare ragionevolmente  altrettanto. Ma a guidare la Germania non c’era affatto una persona ragionevole: c’era un fanatico, un folle perduto dietro i miti sanguinosi dei Nibelunghi secondo il quale la Germania doveva vincere o perire

Hitler, a differenza di Mussolini aveva fatto piazza pulita di qualsiasi altra forza  possibile: in Italia c’era il re, la casta militare, la chiesa pure; in Germania  c’era solo e unicamente le organizzazione nazista su cui Hitler esercitava una autorità assoluta, a carattere religioso: era l’uomo che avrebbe guidato la Germania alla vittoria, a un impero che sarebbe durato mille anni. Le voci di dissenso erano state tutte spente: restavano soltanto i generali di cui Hitler  aveva bisogno che cercarono per moltissime volte di ucciderlo: ma gli attentati fallirono tutti per incredibile casi fortuiti e la cosa fu interpretata  dai nazisti come un segno del destino.

 Hitler quindi non aveva nessuna intenzione di cedere, volle continuare una guerra persa per ancora due anni nei quali poi ci furono la maggior parte delle perdite e delle rovine.

 L’esercito alleato  avanzava ormai senza aspettarsi grossi ostacoli: quando poi le truppe alleate che proprio in quel giorno stavano per sbarcare  a Salerno seppero dell’armistizio  furono presi da grande allegria sicuri ormai  che ad attenderli non c’era più un esercito  nemico ma popolazioni in festa per la fine della guerra. In realtà era una aspettativa assolutamente ragionevole: ma si trovarono invece un esercito tedesco che oppose una accanita resistenza, del tutto inaspettata. Resistenza  comunque inutile perché quando intervennero le forze  navali ed aeree di cui disponevano gli anglo americani i Tedeschi comunque furono costretti  a ritirarsi, come era inevitabile

La stesso avvenne poi a Cassino e alla  linea gotica cosi come nello sbarco in Normandia, nella controffensiva delle Ardenne  e in tutto il fronte orientale:  la resistenza germanica poteva rallentare l’avanzata ma non fermarla: milioni di vite sacrificate, lutti e rovine immense al di fuori di ogni ragionevolezza. Solo quando finalmente Hitler si suicidò, la inutile strage ebbe fine. Il crimine peggiore  di Hitler fu proprio di quello di aver sacrificato inutilmente il suo popolo e tutti quelli che avevano creduto in lui

L’8 settembre quindi nessuno si aspettava che i tedeschi avrebbero continuato una inutile guerra con tanto accanimento, ci si aspettava invece che la guerra in qualche modo finisse

Questo era l’orizzonte di attesa in cui si mossero i comandi italiani : non si giustifica in nessun modo le colpe gravissime di un governo e di generali che abbandonarono l’esercito nella massima confusione pensando ciascuno a se stesso: si comprende pero l’atmosfera di assoluta incertezza in cui gli avvenimenti si svolsero.