Pubblicato in  Italianotizie 06/08/22 Home

 

Pelosi a Taiwan

 

 

 

 

 

Giovanni De Sio Cesari

 

La visita di Nancy Pelosi, speaker ( noi diremmo presidente) della camera USA e quindi terza carica dello stato, a Taiwan, ha catalizzato l’attenzione dei commentatori politici di tutto il mondo, mettendo per un momento in secondo piano  la sanguinosa  guerra in Ucraina. In effetti un pò tutti vedono la crisi di Taiwan come speculare a quella ucraina e un pò tutti paventano l’apertura di un conflitto nel Pacifico parallelo a quello nelle steppe russe.

A molti il gesto di Pelosi è apparso sconsiderato, qualcuno pensa a un trovata propagandistica  in vista delle elezioni di medio termine americane  

Il problema posto ci pare molto complesso, indecifrabile  come  proverbialmente si dice di tutto quello che riguarda la politica cinese

Innanzi tutto molto ambiguo è lo status di Taiwan. Come è noto, nessuno stato  ufficialmente riconosce Taiwan per quello  che  effettivamente è : uno stato distinto dalla Cina.  Quando Chiang Kai-shek (attualmente: Jiang Jieshi ) sconfitto dai comunisti di  Mao si rifugiò sull’isola sotto la protezione americana intendeva rappresentare tutta la Cina , non certo  una provincia divenuta indipendente. Pertanto  sia la Cina di Pechino che quella  di Taiwan si definiscono   repubblica di (tutta) la Cina: non esiste teoricamente uno  stato di Taiwan e nemmeno rappresentanze diplomatiche  ufficiali.   Con il tempo divenne sempre più innegabile  che la Cina  vera era quella di Mao  e negli anni 70, sotto la guida di Kissinger e Chu en lai (attualmente: Zhou Enlai) si giunse da parte USA al riconoscimento della Cina di Mao come della unica Cina. Si riconobbe quindi che Taiwan era una provincia della Cina, si stabili però anche che la unificazione doveva avvenire per via pacifica, senza intervento  militare. Tuttavia sono passati da allora 50 anni e non si vede  nessuna unificazione e nemmeno  una prospettiva di essa. Taiwan nel frattempo  è divenuta quella che si definiva una tigre asiatica, ha raggiunto alti livelli economici, si è data una  struttura politica democratica  sul modello occidentale. Non pare che abbia alcuna intenzione di tornare una provincia cinese, specie se si considera che Hong Kong che avrebbe dovuto mantenere una propria autonomia (un paese, due sistemi)  ha perso ogni liberta democratica

 Non si vede quindi come Taiwan possa tornare alla madre patria se non con una invasione militare

Bisogna anche  considerare il fortissimo nazionalismo cinese: a differenza dell’Occidente  i Cinesi non vogliono imporre al mondo i propri parametri di vita (héxié shèhuì: societa armoniosa ) ma il loro orgoglio di Zhōngguó, nazione di mezzo ( centro del mondo)  non permette loro di rinunciare a nessun  lembo di territorio che possedevano prima dall’arrivo degli  europei ( i barbari venuti dal mare),  nemmeno Macao e di Hong Kong e quindi nemmeno Taiwan sottratta ad essi alla fine dell’800 dai Giapponesi e dal 49 sotto l’influenza americana
 La situazione è ancora più esasperata dal fatto che Xi Jinping  rompendo una prassi inaugurata (ma non istituzionalizzata)  da Deng Xiaoping di una sola conferma alla carica di presidente, punta chiaramente ad avere un terzo mandato ( in pratica una carica a vita) ma la cosa non è poi cosi scontata. Ora La Cina  un pò per le misure rigidissime prese per il covid e anche perche gia con Trump  si sono posti limiti alle sue esportazioni,  pare avere interrotto il suo slancio economico. La popolarità di Xi rischia di essere allora ridimensionata anche dalla impossibilità  di riunificazione di Taiwan alla madre patria.

 Una situazione veramente difficile intricata ed esplosiva sulla quale è piombata la visita di Pelosi.

 Biden ufficialmente si è dissociato, ma sembrerebbe strano che la Pelosi abbia agito veramente  in contrasto con il presidente. Pure qui molta ambiguità. Quindi potrebbe essere un errore, una dabbenaggine di una amministrazione che non sembra brillare:  non crediamo. Ci sembra invece che pure in tutta la sua ambiguità gli USA, con la visita di Pelosi, hanno voluto dare un messaggio forte e chiaro alla Cina: non le permetteranno di riprendersi Taiwan cosi come non hanno permesso alla  Russia di  riprendersi la Ucraina, o almeno la influenza su di essa.

Al contrario dell’Europa, in USA la sinistra, più sensibile  ai valori  della  democrazia della libertà,  dei diritti è q più interventista della destra  (Trump) che invece si concentra  di più sugli interessi americani  ( America first, come dicono).  Hanno voluto dire che non permetteranno alla  Cina di soffocare la democrazia a Taiwan come hanno fatto a Hong Kong.

 D’altra parte cosa può fare la Cina: una invasione armata con grandi mezzi sembra troppo difficile: malgrado la disparità di forza di un gigante di  miliardo a 400 milioni e  un piccolo stato di 23 milioni,  c’ il mare di mezzo, c’è la potente flotta e aviazione americana, c’è il pericolo di una guerra nucleare

 Soprattutto non dobbiamo dimenticare un fattore economico fondamentale: la Cina deve il suo sviluppo alle esportazioni e il mercato che veramente conta è l’Occidente.

 Uno scontro armato o anche non armato porterebbe e sanzioni, a interruzioni del flusso commerciale e quindi a crisi economica.  Ai tempi della guerra fredda la Cina, come la Russia, era autosufficiente, aveva scarsissimi rapporti commerciali  con l’Occidentale ma ora  quel mondo è finito.

La globalizzazione è la chiave del successo economico cinese: potrebbero  i Cinesi metterlo in forse  per una questioni di puro principio, per una isola che non rappresenta   nulla in concreto?

 Non sappiamo: a volte le nazioni precipitano in tragedie  senza fine  sull’onda del nazionalismo, della esasperazione del momento.  E avvenuto nel passato, sta avvenendo in Ucraina:  può ripetersi per Taiwan